In questa pagina trovi alcuni miei contributi pubblicati in riviste scientifiche o come capitoli di libri. Puoi scaricarli in formato pdf ad uso personale.
Kafka sulla soglia
in “Frontiere della psicoanalisi”, 1 (2024), pp. 187-200
Le opere di Kafka sfidano le strutture narrative tradizionali, rimanendo spesso incomplete e frammentate. Il concetto di “soglia” diventa centrale, rappresentando uno spazio liminale in cui i personaggi restano sospesi, senza mai raggiungere una conclusione definitiva. Kafka gioca con l’incertezza e l’assurdo, lasciando il lettore in una continua attesa, dove il significato non si rivela mai pienamente.
Discipline and Power in the Digital Age: Critical Reflections from Foucault’s Thought
in “Foucault Studies”, 36, September 2024, pp. 227-251
Le teorie proposte da Michel Foucault quattro decenni fa offrono una lente preziosa per analizzare la nostra società tecnologica contemporanea. Questo articolo mette in evidenza il passaggio dalle discipline moderne, come la biologia, l’economia politica e la linguistica, ai nuovi ambiti emergenti delle scienze cognitive e informatiche. Esplorando la personalizzazione delle esperienze online attraverso la raccolta di dati e il microtargeting comportamentale, lo studio evidenzia le sfumature della sorveglianza moderna. Questa nuova era di monitoraggio presenta somiglianze con il concetto di potere disciplinare di Foucault, caratterizzato da un controllo sottile ma onnipresente. In un mondo in cui la supervisione digitale da parte dei governi e delle corporazioni è sempre più diffusa, la rilevanza delle idee di Foucault diventa cruciale per decifrare e attraversare i complessi paesaggi del potere e della sorveglianza nell’era digitale.
Fenomenologia dell’esistenza nomade. Una linea di fuga deleuzeana
in “Scenari”, #19 (2024), pp. 193-205, Mimesis, Milano
L’articolo presenta un esame della relazione tra lo spazio e la formazione dei gruppi sociali, focalizzandosi con particolare attenzione sulle popolazioni nomadi. Attraverso l’analisi di queste società, spesso mal comprese o sottovalutate dalle quelle sedentarie, sono messi in discussione pregiudizi comuni e svelata la complessità delle dinamiche e delle preferenze culturali dei nomadi. Immergendosi nel ‘magma nomadico’, il testo mette in luce la resistenza dei nomadi a una visione evoluzionistica lineare della storia umana.Il contributo si propone inoltre di analizzare l’importanza della categoria dello spazio nell’individuazione di un conglomerato sociale, ponendo in discussione l’idea comunemente accettata che il tempo sia più essenziale dello spazio nell’identificazione di un aggregato umano riconoscibile. Emerge quindi una domanda: in che modo le relazioni che instauriamo con lo spazio circostante influenzano la formazione dei gruppi sociali? E in particolare, quanto l’ambiente e le modalità con le quali ci rapportiamo ad esso determinano il carattere del nostro stare al mondo? Questo approccio permette di osservare non solo le pratiche quotidiane, ma anche le profonde implicazioni culturali, sociali e storiche che derivano dallo stile di vita nomadico. Il riferimento metodologico implicito di tutta la ricerca è il piano Trattato di nomadologia del Millepiani di Deleuze e Guattari, con il quale pure ci si confronta direttamente, nel tentativo di dipanare i tratti della ‘scienza nomade’.
Educazione e controllo dopo le società disciplinari. Una lettura del Poscritto di Deleuze
in “Scenari”, #18 (2023), pp. 41-53, Mimesis, Milano
Nel 1990 Deleuze pubblica un breve testo in cui introduce il concetto di controllo per descrivere l’ordine sociale, sulla base di ciò che Foucault aveva definito nei termini di società disciplinare. Oltre a prevedere diversi sviluppi che si sono effettivamente verificati nei decenni successivi e che ancora oggi caratterizzano il nostro mondo, accanto a carceri e ospedali, in questo articolo Deleuze prende in considerazione l’esempio della scuola, mostrandone le trasformazioni e le relative derive. Questo saggio propone un’analisi della scrittura deleuzeana, un focus sulla questione pedagogica e alcune possibili soluzioni o, più propriamente, linee di fuga da tracciare per armarsi di “nuove armi” contro le conseguenze di queste pratiche di potere.
Kazantzakis. Un periplo nietzscheano
in “aut aut”, #397 (marzo 2023), pp. 159-176, Il Saggiatore, Milano
Il contributo si propone innanzitutto di chiarire a che titolo Kazantzakis viene accostato all’opera di Nietzsche, per indagare quali sono effettivamente i punti in comune rintracciabili nelle loro rispettive opere a stampa e, infine, segnalare alcune per noi imprescindibili dissonanze che rendono incerta la possibilità di una piena sovrapposizione tra i due, come al contrario sembrerebbe plausibile per gran parte degli interpreti di Kazantzakis.
Reali senza essere attuali. Il virtuale in Deleuze sugli specchi di Borges
in “La Filosofia Futura. Rivista semestrale di filosofia teoretica”, n. 19 (2022), pp. 25-37
Il contributo considera innanzitutto il racconto breve di Borges Gli animali degli specchi, raccolto nel Manuale di zoologia fantastica. In queste pagine si parla di due regni – degli specchi e degli uomini – in termini che hanno già stimolato la riflessione di Baudrillard sulla questione dell’alterità nel mondo post-moderno. Il tentativo del saggio è di riattualizzare ulteriormente la narrazione borgesiana e associarla alla riflessione che Deleuze dedica al tema del virtuale. In primo luogo per comprenderne i tratti salienti e, in seconda battuta, per indagare se e quanto la specifica declinazione deleuzeana della questione abbia a che fare anche con l’attuale accezione del termine “virtuale”, per tutti oggi connesso alla cosiddetta “rivoluzione digitale”.
L’univocità universale dell’essere in Deleuze
In “Tropos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica”, anno XIV, n. 1 (2022), pp. 87-100
Nella vasta gamma di possibilità di indagine sull’argomento, questo contributo si propone di recuperare il modo in cui Deleuze ha affrontato le questioni derivanti dal concetto di universale. Sebbene il filosofo francese abbia usato molto raramente questo termine, ciò non significa, almeno a mio avviso, che ne abbia sottovalutato la portata problematica. Al contrario, l’ipotesi al vaglio è che egli tematizzi la questione a partire da altri nuclei lessicali che, per assonanza (regola, generalità, ripetizione) o per contrasto (differenza, singolarità, molteplicità), rimandano comunque alla costellazione di senso che ruota attorno all’universale. Attraverso l’analisi di Empirismo e soggettività e di Differenza e ripetizione, letti come un momento chiave nello sviluppo del suo pensiero, viene proposta l’idea che l’universale in Deleuze coincida con la sua tesi sull’univocità dell’essere.
All’estremo del tramonto. Dipartita e altro inizio nell’Erörterung heideggeriana di Trakl
In “Paradosso. Rivista di filosofia” n. 1 (2022), pp. 69-83
L’articolo analizza l’interpretazione heideggeriana dell’opera poetica di Trakl attraverso tre termini che rappresentano tre punti focali della lettura del filosofo: Erörterung, Abgeschiedenheit e Aufgang. L’Erörterung ci permette innanzitutto di collocare correttamente la poesia di Trakl, che secondo Heidegger deve essere compresa e interpretata al di là di ogni evento biografico. Abgeschiedenheit, invece, parla del distacco che il poeta compie dalla terra del tramonto, che nei versi di Trakl (in perfetta risonanza con la filosofia di Heidegger) corrisponde alla metafisica occidentale della volontà di potenza. Infine, Aufgang è il segnale, nella lettura di Heidegger dell’opera poetica di Trakl, della possibilità di un altro inizio, alla luce del quale anche il già citato tramonto va visto come un passaggio e non come una fine nichilista.
Derrida nell’età dell’informazione. Per un’etica della disseminazione
in “La Filosofia Futura. Rivista semestrale di filosofia teoretica”, n. 18 (2022), pp. 11-27
Il contributo è diviso in due parti. Nella prima viene affrontata la questione della disseminazione in Derrida, e si forniscono alcune coordinate generali per l’inquadramento del tema, con particolare attenzione ai suoi corollari etici, primo tra tutti quello della responsabilità. La seconda parte è dedicata invece a una panoramica del mondo contemporaneo inteso come “età dell’informazione”. Nelle conclusioni viene reso esplicito il senso di questo accostamento, ovvero sono evidenziati i punti di analogia e di differenza tra la comunicazione così come è intesa da Derrida e le sue forme più attuali, con i rischi a queste connesse.
Beyond Imagination: Deleuze and the Real Virtual
in «Aesthetica Preprint», n. 120, gennaio-aprile 2022, pp. 35-51
Nell’arco di tre anni, dal 1963 al 1966, Deleuze pubblica tre testi dedicati, rispettivamente, a Kant, Proust e Bergson. Negli ultimi due, il concetto più importante che emerge è senza dubbio quello di virtuale, mentre nel volume sulla filosofia critica di Kant l’autore parla invece di immaginazione. Se quest’ultima si connota come la facoltà che prolunga, moltiplicandole, le possibilità della realtà e dell’io che la sovrasta e se, invece, il virtuale è l’essere che va oltre la propria determinazione attuale e che fa proliferare le proprie differenze, è lecito chiedersi quanto queste due nozioni abbiano in comune. L’articolo è quindi dedicato alla definizione di questi due concetti, per verificare se e in che misura coincidano. Sembra infatti che per Deleuze il virtuale sia ciò che porta a compimento ontologico il lavoro dell’immaginazione, desoggettivandone il carattere e permettendo così l’attraversamento del campo gnoseologico all’interno del quale è stato convocato.
Wittgenstein contra Freud: perché la psicoanalisi ha bisogno della filosofia
in “Wittgenstein e la cultura austriaca”, sezione a cura di E.L. Bon e S. Capodivacca, «Scenari. Rivista semestrale di filosofia contemporanea & nuovi media», #16 (2022), pp. 137-152, Mimesis, Milano-Udine
Scopo di questo contributo è di mettere a confronto Wittgenstein e Freud. In particolare, dopo aver sondato quali siano i punti di affinità e le possibili ragioni (anche psicologiche) della resistenza di Wittgenstein verso Freud, vengono presi in considerazione due temi chiave della critica del filosofo alla psicoanalisi, ovvero la Traumdeutung da un lato e l’idea che la psicoanalisi possa solo a torto essere inclusa nel gruppo delle discipline scientifiche dall’altro. La dimostrazione e la giustificazione della posizione di Wittgenstein corrono parallelamente alla messa in luce di alcuni aspetti della dottrina psicoanalitica che il filosofo non approfondisce e che, tuttavia, danno un’immagine della psicoanalisi meno stereotipata di quella di cui dà conto. Si delinea così un sistema di punti chiave e contrappunti che intrecciano filosofia e psicoanalisi mostrando la reciproca necessità dell’una per l’altra.
La questione dell’impermanenza degli enti, dalle Upaniṣad a Deleuze
in M.G. Brega (a cura di), «Annuario di Itinerari Filosofici», n. 23 (2021), Mimesis, Milano-Udine, pp. 63-78
Considerare il rapporto l’ente e le sue evoluzioni nel tempo e nello spazio significa confrontarsi con il paradosso di qualcosa che da un lato e con evidenza appare sulla scena del reale, ma la cui persistenza in termini di identità nel multiforme e transitorio piano del divenire non è altrettanto indubitabile. Il saggio cerca di rispondere corrispondere a questo problema, convocando il pensiero occidentale di Deleuze e l’antica saggezza delle Upanishad.
Sul «buon vicinato». Tra Nietzsche e Warburg
in «Estetica. Studi e ricerche», Il Mulino, Bologna, early access 24|8|2021, pp. 1-27
A partire dall’analisi di una tra le opere più significative di George Didi-Huberman (L’immagine insepolta. Aby Warburg, la memoria dei fantasmi e la storia dell’arte, ed. or. Paris 2002), il saggio si focalizza sugli intrecci che annodano le ricerche di Aby Warburg al pensiero di Friedrich Nietzsche. In particolare, si concentra attorno ai due concetti, fondamentali per lo sviluppo del pensiero warburghiano, di Nachleben e Pathosformel. Si può parlare di ‘sopravvivenza’ del tragico antico nell’opera di Nietzsche? La perenne tensione, che il filosofo istituisce, tra apollineo e dionisiaco, è interpretabile nei termini di una ‘formula di pathos’? Quella del serpente funge da immagine-cerniera tra la riflessione del filosofo dell’eterno ritorno (che, appunto, ha eletto l’ofide ad animale simbolo del suo pensiero abissale) da un lato e, dall’altro, il bestiario immaginale warburghiano, che proprio nel serpente e nel rituale indoamericano ad esso connesso individua la figura simbolo della sua teoria estetica.
Ancient Tragedy as Morphogenetic Fracture
of the Modern Subject: Nietzsche and Freud in Comparison, in «Aesthetica Preprint», n. 117, maggio-giugno 2021, pp. 41-55
The contribution aims to investigate how the ancient form of the theatrical representation is constituted as an aesthetic and morphological prodrome of the peculiar conception of the individual that is placed between the abyssal spread of the Dionysian on the one hand and the poisoned gift of Prometheus on the other. Reviewing some passages from the texts of Nietzsche and Freud, the thesis we intend to support is based on the assumption that the reference to the archetypal figures of ancient tragedy is not limited to outline the features of an irresolvable contradiction, or, rather, sinking into the abyss of this same statement means creating something that somehow goes beyond it. Hence the formulation of the tragic in terms of a morphogenetic fracture: an immense caesura, an appalling and non-recomposable crisis, from which nonetheless springs an army of forms of reality unparalleled in size and nature than any other generative force. The contradiction assumes in this sense the character of essentiality because it is constituted as prius, requirement and false bottom constantly present in every real morphé.
Libertà è la verità della rivoluzione
introduzione a A. TESSARI, Il mio ’68, Mimesis, Milano-Udine 2020, pp. 7-43
In questo contributo viene proposta una contestualizzazione storico-sociale delle vicende che, nel fatidico anno 1968, hanno intrecciato la vita del filosofo e politico Alessandro Tessari.
Danza, il rituale dell’inconscio
in «Scenari. Rivista semestrale di filosofia contemporanea & nuovi media», #09, Mimesis, Milano-Udine 2018, pp. 182-200
Il linguaggio psicoanalitico ci permette di affermare che la danza è un movimento che genera una breccia nell’inconscio, rendendolo momentaneamente accessibile al soggetto. Per suo tramite si genera un contatto con le proprie forze interiori, dando vita ad un carnevale del sé, ovvero un momento di messa tra parentesi della regola, in funzione emancipatoria dal vincolo di utilità e di economia in cui la società tende ad irrigidirci. Si può arrivare in questo senso a concepire la danza come una sorta di lapsus volontario, un equivoco e al contempo un indizio esplicito dei movimenti delle forze che ci attraversano che, diversamente da quanto normalmente accade, è il soggetto stesso a provocare. Ma quali sono le conseguenze psico-sociali di tale effrazione delle leggi dell’inconscio, che vorrebbero quest’ultimo totalmente sordo a qualsiasi tentativo di avvicinamento promosso dall’Io cosciente? Cosa implica il dialogo aperto tra due istanze apparentemente incomunicanti? Il contributo si propone di abbozzare una risposta a tali interrogazioni, anche tramite il riferimento all’antropologia e ai rituali danzanti di cui ci dà notizia.
Cresca il deserto
Lo spazio del nichilismo nel pensiero di Nietzsche, in M. GHILARDI, E. MAGNO (a cura di), La filosofia e l’altrove. Festschrift per Giangiorgio Pasqualotto, Mimesis, Milano-Udine 2016, pp. 25-46
L’immagine del deserto nel pensiero di Nietzsche è comunemente percepita come una metafora del nichilismo in generale, e in particolare della profonda degenerazione cui esso avrebbe condotto la storia del mondo. Ciononostante, negli scritti giovanili di Nietzsche così come in quelli della sua maturità, vari riferimenti mostrano un modo diverso di interpretare il concetto in questione. In riferimento a tali occorrenze, il deserto si rivela essere il luogo nel quale l’uomo può divenire uno spirito libero. Il presente contributo propone alcune ipotesi interpretative del concetto e delle sue occorrenze testuali.
Geosociology of nomadism
in H. ZABOROWSKI, Ž. RADINKOVIĆ, R. JOVANOV (a cura di), Phänomenologische Ontologie des Sozialen, Institut für Philosophie und Gesellschaftstheorie Verlag, Belgrad 2015, pp. 147-184
Il contributo affronta la seguente questione: in che modo le relazioni che gli esseri umani stabiliscono con lo spazio che li circonda influisce sulla formazione dei gruppi sociali? O, volendo porre il problema in termini più generali: fino a che punto l’ambiente e i modi nei quali l’uomo ad esso si riferisce influenzano il suo abitare il mondo? Per trovare una risposta a tali questioni viene preso in considerazione il caso specifico delle popolazioni nomadi. È un’opinione largamente condivisa quella che fa coincidere la cosiddetta “Rivoluzione neolitica” con l’avvento dell’agricoltura (e con ciò della vita sedentaria). Guardando invece a coloro che non hanno operato questa trasformazione ci si può legittimamente domandare: come hanno vissuto e tuttora vivono queste popolazioni? Il loro stile di vita può costituire un insegnamento per i sedentari?
La filosofia di Sade, ovvero: l’amorale della favola
in N.R. SANSONE, La filosofia del Marchese de Sade. Mimesis, Milano-Udine 2013, peer-reviewed, pp. 95-132
È incredibile notare quanti filosofi hanno commentato l’opera di Sade. Da Roland Barthes a Maurice Blanchot, da Adorno e Horkheimer a Klossowski, un nutrito gruppo di pensatori ha provato a comprendere la sua provocazione morale, approvandola ovvero svalutandola e rifiutandola. Nel ripercorrere tali ermeneutiche, il saggio cerca di abbozzare una nuova interpretazione in chiave filosofica del fenomeno del sadomasochismo.
L’impresa, essere responsabile
in A. PERULLI (a cura di), La responsabilità sociale dell’impresa: teoria e prassi. Il Mulino, Bologna 2013, pp. 249-293
Nel contesto dell’attività di ricerca prodotta con l’assegno conseguito all’Università di Venezia in collaborazione con il Fondo Sociale Europeo, il contributo traccia alcune linee a proposito del modo in cui la filosofia può rispondere ad alcune questioni di carattere economico, tra cui il problema, cruciale per le imprese di oggi, della responsabilità sociale. Il volume riflette la composizione del team con cui ho lavorato, che comprendeva filosofi, economisti e giuristi del lavoro.
Psychopathologica del pensiero astratto
in U. CURI, B. GIACOMINI (a cura di), L’affettività del pensiero. «Paradosso», Il Poligrafo, Padova, n. 1, febbraio 2012, pp. 161-177
Laddove molti filosofi hanno recentemente affermato che non c’è pensiero senza sentimento, questo contributo suggerisce un’altra maniera di affrontare la questione: il pathos della filosofia è infatti forse più vicino allo psico-pathos piuttosto che alle ‘normali’ passioni ed emozioni. O magari, la differenza che intercorre tra il disagio mentale e il cosiddetto ‘stato normale’ non è così grande come si potrebbe presupporre.
Theater, das Spiel des Denken
in N. GIESE, G. KOCH, S. MAZZINI (a cura di), SozialRaumInszenierung. SHIBRI Verlag, Strasburg 2012, pp. 137-142
Si può pensare che filosofia e teatro siano due mondi distanti l’uno dall’altro. Ciononostante, vi sono molte somiglianze tra i due, entrambi passibili di essere definiti come “giochi del pensiero”.
Tra laicità e filosofia
Intervista a Emanuele Severino (con G. PERAZZOLI e L. TADDIO), in L. TADDIO (a cura di), Quale filosofia per il Partito Democratico e la sinistra, Mimesis, Milano-Udine 2012, peer-reviewed, pp. 341-355
Appunti per una topologia del divenire
in B. GIACOMINI, F. GRIGENTI, L. SANÒ, La passione del pensare, Mimesis, Milano-Udine 2011, peer-reviewed, pp. 49−66
Mediante una ricognizione di alcune tra le pietre miliari della filosofia occidentale (da Cusano a Deleuze) così come del pensiero orientale (le Upanishad, per esempio), il saggio cerca di spiegare i concetti di pluralità e di molteplicità in una prospettiva gnoseologica non dialettica.
Toni Negri, adelante zurück!
in «Zibaldone. Zeitschrift für italienische Kultur der Gegenwart», 51, Früjahr, Stauffenburg, Tübingen 2011, pp. 95-109
Il fatto che Antonio Negri sia uno dei pensatori più noti a livello mondiale è dovuto principalmente ai suoi scritti più recenti ovvero alla cosiddetta ‘trilogia dell’Impero’. Ciononostante, molte delle sue teorie giovanili restano tuttora degne di considerazione e sono utili per comprendere la situazione economica e politica del tempo presente.
I due labirinti
Immenso presente, eterno ritorno in Nietzsche e Borges, in B. GIACOMINI (a cura di), Per una concettualità del presente, Annuario di «Paradosso», Il Poligrafo, Padova 2010, pp. 131-152
Il saggio vuole essere un tentativo di comparazione tra Nietzsche e Borges (e, più in generale, filosofia e letteratura) sul tema del tempo. Partendo dal racconto breve I due re e i due labirinti sono districate e approfondite le suggestioni filosofiche ivi contenute.
Nascere e dire sì alla vita
Un’ovvietà tutta apparente, intervista a U. CURI, in S. BERTOLINI (a cura di), Apollineo e dionisiaco. Prospettive e sviluppi con Nietzsche e oltre Nietzsche, Aracne, Bologna 2010, pp. 121-132
Nietzsche e la crisi del pessimismo
in «Chora. Laboratorio di attualità, scrittura e cultura filosofica», 15, anno 7, gennaio-febbraio 2008, pp. 46-53
Facendo perno sul concetto di crisi, in questo articolo ho voluto sottolineare che la forma negativa/passiva del nichilismo contiene quantomeno il seme per il rivolgimento di detto fenomeno al suo aspetto positivo/attivo.
Esseri responsabili della parola
Rapporto tra la dinamica della disseminazione e la semantica della risposta nel pensiero di Jacques Derrida, in F. BIANCO, M. ZANATTA (a cura di), Responsabilità e comunità. Pellegrini, Cosenza 2007, pp. 203-218
Il concetto di responsabilità è innanzitutto studiato da Derrida per il suo valore etimologico, ovvero nella sua analogia con l’atto di rispondere. Molte delle questioni che vengono discusse nel contributo concernono il senso e le conseguenze di questa affinità semantica.
Un altro nome dell’impossibile
Alterità e linguaggio in alcuni luoghi di Jacques Derrida, in «Iride. Discussione pubblica», 49, n. 3, settembre-dicembre 2006, pp. 509-525
A partire dalla ben nota proposizione secondo la quale «il n’y a pas des hors-texte», l’obiettivo di questo contributo è quello di mostrare che in Derrida la pratica della disseminazione conduce alla dissoluzione dell’idea classica di identità personale nello stesso tempo in cui procede al rafforzamento del bisogno dell’Altro.